I ( ( Sansibar ) ) ) Radio Bagdad («m») indy media, ch I testi contenuti in questo volume prouengono dalla pagina web di Indymedia Svizzera, rete di informazione indipendente a pubblicazione aperta diffusa in tutto il mondo. Questo opuscolo pud essere riprodotto liberamente (con qualsiasi mezzo) se non a scopi commerciali, e in ogni caso necessario citare lafonte (www.indymedia.ch). Traduzioni in italiano dei testi di Sansibar a cura del collettivo indymedia. ch/ it Per usi commerciali, per segnalare errori, precisazioni o per chiedere ulteriori copie di questo opuscolo, contattare il collettivo editoriale: switzerland- it@indymedia.org Maggiori informazioni sul progetto Radio Baghdad: http://ch.indymedia.org/it/2004/06/24088.shtml Per collaborare con indymedia svizzera: http:/ / www. indymedia. ch Prima edizione: gennaio 2005 3 0 - Introduzione Le citta e i villaggi si possono bombardare e gli uomini decapitare... ma la solidarieta continuera a vivere! Viaggio in Iraq nel luglio ed agosto del 2004 Dopo la mia partecipazione all'azione degli "scudi umanf, all'inizio del conflitto in Iraq nel marzo 2003, ero inquieto. Le esperienze fatte durante questo periodo mi avevano molto segnato e non ero l'unico fra 1 partecipanti a sentirmi cosi. Alcuni degli "humanshields" sono poi tornati in Iraq e anch'io sentivo dentro di me una voce debole, ma persistente che mi invitava a ritornarci. Discutendo con alcuni iracheni, qui in Europa, mi sbalordiva l'elevato numero di persone favorevoli alia guerra, alcuni la approvavano apertamente e con voce dura. Altri erano piu ambigui e tendenzialmente non volevano una guerra, ma approvavano il "colpo di liberazione" degli USA. Tutti inoltre lodavano il "buon lavoro" delle truppe occupanti e cosi minimizzavano le terribili conseguenze del conflitto. Da tante persone e stato detto, piu o meno apertamente, che gli "humanshields" (e di conseguenza anch'io) saremmo stati favorevoli al regime di Saddam. Non potevo solamente ignorare queste voci, non soltanto perche mi hanno ferito, ma anche perche io e tutti gli altri contrari alia guerra, abbiamo dovuto cercare altre vie di contestazione che mettessero in discussione l'intervento armato senza pero appoggiare il regime dittatoriale. Piu mi allontanavo del fragore delle bombe, piu forte le sentivo dentro di me. Per questo volevo ritornare in Iraq e provare a stare accanto alia popolazione durante i bombardamenti, proprio come allora. Nel giugno 2004 mi e fortuitamente capitata la possibility di partecipare ad un progetto di "streaming" 1 . L'idea era di creare un progetto radio lungo il Tigri: un'idea meravigliosa. II viaggio che ho compiuto faceva parte di questo progetto e i testi che sono stati raccolti in questo libretto, e che ho periodicamente pubblicato sulle pagine di indymedia.ch, danno un'immagine di com'era la situazione in Iraq durante i mesi di luglio e d'agosto del 2004, di tutte le difficolta che ho dovuto superare ma anche degli incontri meravigliosi che ho fatto a Baghdad. Tutto cio che aveva affermato l'ex-movimento contro la guerra, si e tragicamente verificato: la guerra e l'occupazione non sono state una soluzione ai problemi di questa zona. Ci vogliono forse altri bombardamenti come a Nadjaf o a Falluja (per nominare solo alcune delle molte citta colpite) perche lo si capisca? 1 Progetto streaming:: http://www.streaming.org 4 Abu Graibh, e le frequenti decapitazioni, non sono gia abbastanza orribili? Nonostante questi orrori e sebbene la guerra continui anche in questo momento, il movimento contro la guerra e morto. Gia sarebbe una contraddizione di fondo che il movimento per la pace abbia bisogno di una guerra per esistere. Ancor piu triste e pero, che esso non riesca a rinascere, nonostante la guerra continui. Purtroppo la guerra non c'e solo in Iraq, sono centinaia i conflitti in corso, in Cecenia o in Africa solo per citarne alcuni. Conflitti che come si puo notare sono uno piu crudele dell'altro e solo piu o meno noti. Le notizie da questi luoghi, quando ci arrivano, sono filtrate da un apparato informativo fazioso e perverso. In Iraq vi sono sempre meno osservatori internazionali. La mia grande paura e che possa diventare presto anche l'lraq un luogo informativamente "oscuro" come la Cecenia. Tanti iracheni non lo vogliono, vorrebbero essere trasparenti ed aperti e noi possiamo mostrarci solidali con loro ed aiutarli ad esserlo, dimostrandogli nello stesso tempo, che il mondo "occidentale" non e composto soltanto da soldati e da servizi segreti. Ma qui si pone la domanda: essere solidali si, ma con chi? E vero, la cosiddetta resistenza, nel modo come la intendiamo qui, non suona per nulla meglio, e magari addirittura peggio, dei bombardamenti delle forze occupanti. Ma questa resistenza non e proprio la conseguenza dell'occupazione? E questa informazione altalenante non e magari il primo awertimento del fatto che la disinformazione abbia gia preso piede qui da noi? Si, esiste una resistenza nell'Iraq e non intendo ne i gruppi di Muhtada El Sadr ne quelli di Zarkawi. Esiste una resistenza che era contro la guerra e lo e ancora, soprattutto adesso. Una resistenza che e contro l'occupazione e che non lotta con le armi e forse proprio per questo, passa inosservata, coperta dalle detonazioni delle bombe. I gruppi di Muhtada El Sadr e Zarkawi trovano tanti aderenti che vogliono combattere e lottare per ottenere la fine dell'occupazione, senza occuparsi troppo dell'ideologia religiosa, senza sostenere la sovrastruttura fondamentalista. Contro l'occupazione, la ribellione e legittima! D'altra parte ci sono anche gruppi che lottano contro l'occupazione, ma soltanto perche vogliono il potere, perche vogliono governare, come, per esempio, i dirigenti dei gruppi di Muhtada El Sadr. che vorrebbero costruire un regime simile a quello Iraniano. Cosa significherebbe cio per il popolo, ce lo potrebbero raccontare con una storia lunga e triste i rifugiati iraniani. Anche i dirigenti dei gruppi di Zarkawi o di Baathist (il partito di Saddam) non vogliono nient'altro 5 che ricreare il regime precedente. Ma forse, la lotta per tale scopo non e degna di essere chiamata resistenza. Certo non siamo noi a decidere cosa puo essere chiamato resistenza e cosa no. La solidarieta occidentale non vuole pero permettere qualsiasi crudelta. Intese nel senso letterale della termine, le decapitazioni tagliano definitivamente ogni possibility di collaborazione. Sono quindi anche i gruppi di questo tipo che rendono difficoltoso lo sviluppo di gruppi solidali. E non solo, impediscono anche che si crei una resistenza diffusa nel paese. Ma ho incontrato delle persone che oppongono resistenza in altra maniera. Siccome questa resistenza non e forte, rumorosa o crudele, essa e ignorata, purtroppo anche dalle forze occidentali progressiste e potenzialmente solidali. NeH'immagine distorta che i media propongono dell'Iraq sentiamo soltanto la voce di chi vorrebbe dominare con la forza. Invece sono tante le persone della sinistra progressista in Iraq che vivono nella paura non soltanto dell'occupazione ma anche dalla cosiddetta resistenza. Le voci di queste persone, le loro richieste di giustizia, non vengono sentite da noi. Perche? Anche noi preferiamo ascoltare il frastuono dei cannoni piuttosto che le voci umane disperate. Perche tanti di noi magari con la coscienza sporca per l'essere qui senza fare niente, li sosteniamo senza condizioni e la difendiamo come intoccabile. No, il nemico del mio nemico non diventa automaticamente il mio amico! Dobbiamo ancora lottare contro cio che succede a Falluja in questo periodo. Questo e un massacro, questo e terrore contro l'intera popolazione della citta. II bombardamento a tappeto, non importa quanto siano valide le ragioni invocate (e in questo caso non lo sono nemmeno), non puo mai essere giustificato. Possiamo chiederci se una morte per mezzo di una bomba alleata sia meno spaventosa della morte provocata da un'autobomba? No, tutte e due devono essere chiamate terrorismo, anche se la prima pare sia solo un male necessario, o addirittura un'impresa eroica. II terrore deve avere una fine, cosi come l'occupazione di questa terra. Che collegamento ci sia poi fra la lotta per la liberta e l'emancipazione in Iraq e la lotta che ha luogo qui da noi sarebbe importante chiederselo. Questo punto penso sia molto importante: noi tutti conosciamo la politica restrittiva (sarebbe forse piu onesto chiamarla razzista) dell'Europa, e in particolare della Svizzera. Dopo gli attentati contro le chiese cristiane a Baghdad e Mossul il proprietario d'un piccolo negozio laggiu mi ha chiesto informazioni su come avrebbe 6 potuto ricevere asilo in Europa o in Svizzera: lui e cattolico e si sente minacciato, vorrebbe trovare un luogo sicuro in cui rifugiarsi. Lo ho awertito di non farsi troppe speranze, ma gli ho promesso di andare aH'ambasciata elvetica per parlare del suo caso. Una volta tomato in svizzera ci sono andato dawero in ambasciata, sono stati tutti corretti e gentili con me. Ma quando gli ho chiesto se esistesse una possibility di accogliere dei rifugiati iracheni in Svizzera, la risposta e stata chiara quanto crudele: non esiste NESSUNA possibility legale. Neppure una visita personale verrebbe accettata. Erano appena accaduti gli attentati contro le chiese cristiane, percio non ho dovuto spiegare agli ambasciatori il pericolo che correvano i cristiani (non solo loro naturalmente) , ma non e servito a niente. Le ragioni che mi ha esposto il rappresentante svizzero erano crudeli, ciniche e nello stesso tempo molto interessanti. Mi ha spiegato che la loro situazione non e una ragione sufficiente per giustificare una richiesta d'asilo, le popolazioni cristiane in Iraq non sono oggetto di repressione da parte dello stato, la loro minaccia proviene da gruppi terroristici. Eppure una delle motivazioni degli USA per giustificare la guerra e stata quella della lotta contro il terrorismo. Quindi il terrorismo in Iraq era considerato abbastanza grave da provocare una guerra, ma quando il popolo iracheno chiede di essere protetto dallo terrorismo stesso e quindi ospitato nel mondo occidentale, questa non e ritenuta una giustificazione sufficientemente valida. Mi e stato chiesto piu di una volta di mediare per far si che le frontiere svizzere fossero aperte ai rifugiati iracheni. Tanti iracheni vorrebbero andar via da quest'inferno. Una lotta per l'accoglienza non sarebbe soltanto un passo umano, ma consentirebbe anche di svelare le politiche ipocrite dei nostri governanti. Devo ammettere che la situazione e piu che difficile, ma anche adesso, qui e dappertutto, ci sono degli uomini che cercano di trovare una via per lottare contro questa situazione insopportabile. Non dobbiamo essere noi a calpestare queste scintille di resistenza. Concretamente significa che noi possiamo discutere senz'altro in modo molto duro e critico, ma che non dobbiamo dimenticare di rispettarci, l'un l'altro. Soltanto cosi ci potremmo awicinare alia societa che sogniamo e chi puo saperlo, da una scintilla puo far scoppiare un incendio... 7 I - Primo giorno in Iraq Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/06/24415.shtml Post originate in tedesco: http://ch.indymedia.org/de/2004/06/24346.shtml Data: 27.6.2004 15:22 Ci troviamo a Diyarbakir (citta della Turchia sudorientale e capitale della provincia omonima), sono le 4.30 di mattina e veniamo svegliati per raggiungere al piu presto la frontiera per l'lraq, partiamo pero solo verso le 6:00. Un paio di chilometri prima del confine ci fermiamo, rimango colpito dalla presenza di una colonna chilometrica di veicoli. Sono sopratutto camion di petrolio, mi ricordano la frontiera con la Giordania prima della guerra, anche la c'era un grande traffico e la colonna di camion era interminabile. II commercio rimane lo stesso, cambiano gli uomini d'affari. Alia dogana continuano le sorprese: c'e una folia di persone in fila, dobbiamo aspettare a lungo sotto la canicola irachena che infiamma gli animi e, di tanto in tanto, il tono delle voci si fa piu intenso, sembra quasi che una rissa tra i doganieri e le persone in attesa possa esplodere da un momento all'altro. Nonostante la situazione attuale sono proprio tante le persone che vogliono entrare in Iraq . Dopo un'attesa sfiancante di quasi tre ore, finalmente ci troviamo in Iraq. Con me ci sono diverse persone: Jo, l'olandese che ha fatto partire questo progetto; Maruan, curdo iracheno che risiede pero in Olanda; Salam, un arabo iracheno che collabora con radio LoRa 2 di Zurigo. Dopo aver sbrigato alcune formalita riceviamo una sorta di visto. Tutto questo non mi ricorda l'atmosfera di una guerra, si respira piuttosto l'odore dei soldi, una esagerata e frenetica sensazione di economia selvaggia. Prendiamo un taxi per Sulejman, citta del Kurdistan iracheno. C'e appena stato un attentato ad Erbil, il tassista decide quindi di prendere una strada meno rapida, ma piu sicura. Questa deviazione ci permette di godere della tranquilla vista delle montagne curde e dei greggi di pecore al pascolo. Ma ogni volta che transitiamo per una citta veniamo riportati nella brutale realta irachena, i vari checkpoint che siamo costretti a passare ne sono la conferma. Siamo nell'area controllata dalle milizie del KDP. II mio compagno iracheno mi racconta pero, che, nonostante la presenza di due partiti la maggior parte della popolazione curda non sente questa divisione. 2 Alternatives Lokalradio, Zurigo (97,5) - http:/ /www.lora.ch 8 E impressionante notare la quantita di case appena edificate sulle montagne curde. II nostro compagno di viaggio ci spiega che durante il regime di Saddam molti villaggi sono stati fatti evacuare per togliere le basi di appoggio alia guerriglia. Fra le colline si possono ancora riconoscere i resti dei posti d'osservazione e diversi stabili militari, che venivano utilizzati come campi di concentramento per il trasferimento della popolazione. Passiamo l'ultimo blocco del KDP ed entriamo nel territorio che e controllato dai PUK, quindi arriviamo al primo checkpoint unionista. Vi sono presenti una ventina di soldati. Dobbiamo scendere dalla macchina e dopo alcune domande di rito riceviamo i nuovi documenti per poter proseguire il viaggio. Fino ad ora e andato tutto molto bene, mi colpisce il fatto che qui, quasi nessuno parla inglese, ne nei bar ne sulla strada e neppure nei posti di blocco. Una differenza ben visibile tra i checkpoints del KDP e quelli del PUK e che nei primi vi si trova solo la bandiera curda, nei secondi invece sventola sempre anche quella irachena. Con i nuovi documenti nelle nostre tasche continuiamo il viaggio. La natura che ci circonda e cosi maestosa che quasi ci fa scordare la guerra. Poi, anche qui, i checkpoints ci ricordano che la guerra e una realta. In serata arriviamo a Sulejman, veniamo accolti calorosamente dalla famiglia di Maruan. In televisione vediamo le immagini degli ultimi attentati, probabilmente le stesse che passano in Svizzera. Come al solito sarete meglio informati voi li che non noi qui. Qui pero non si tratta solo di raccogliere informazione per capire il mondo, ma di cambiarlo... Time out nerTinternet-cafe. A presto! 9 II - Da Sulejman verso Baghdad Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24785.shtml Post originate in tedesco: http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24727.shtml Data: 11.7.2004 16:13 Finalmente ho trovato un internet-cafe da dove posso inviare i testi che avevo preparato sul mio portatile. L'ultimo giorno a Sulejman Data l'intensita di questi ultimi giorni abbiamo deciso di trascorrere una giornata tranquilla, in Svizzera forse l'avrei chiamata una vacanza. Organizziamo un pic-nic con diverse persone, soprattutto donne e uomini dipendenti della Radio Azadi, la radio del KP Kurdistan. Per esprimere il calore con cui mi hanno accolto e lo spirito di solidarieta di questi giorni non posso che pensare ad una sola parola: amicizia. Questa mattina mi e successo qualcosa di molto personale: nonostante tutte le mie reticenze ho finito per ascoltare i consigli dei miei compagni e sono andato dal parrucchiere! II mio nuovo taglio ha tranquillizzato soprattutto Salam visto che domani dobbiamo andare a Baghdad, per non parlare delle migliaia di altre buone ragioni! Sulejman e ritenuto il luogo piu sicuro prima di raggiungere Baghdad e per il momento non posso che confermarlo. Dopo l'appuntamento con il parrucchiere siamo andati nella sede del KP per scaricare alcune immagini dalla macchina fotografica digitale ed io ho colto l'occasione per controllare la mia posta elettronica. Per la prima volta in vita mia, tranquillamente seduto di fronte ad un computer, quasi mi viene un colpo apoplettico: una grossa pistola giace proprio accanto a me. Sulejman sara anche un luogo sicuro, ma, nonostante io stia facendo una cosa molto comune, non posso dimenticarmi dove sono. Alle quattro finalmente partiamo con alcune automobili e ci dirigiamo verso una montagna non troppo lontana da Sulejman imbattendoci in una comitiva che, come noi, ha avuto l'idea di tentare di dimenticare l'orrore della guerra facendo un pic-nic in montagna. Durante il viaggio l'autista ci racconta come negli anni '80 da guerrigliero peschmerga ha fatto saltare un panzer con un razzo. Combatteva nel partito comunista. Piu tardi seppe che il panzer da lui distrutto veniva fabbricato in Russia e questo lo fece riflettere: lui combatteva contro la repressione dell'esercito iracheno per quel partito comunista che era 10 legato a filo doppio con l'Unione Sovietica. Nonostante cio l'unione sovietica mandava dei panzer a Saddam. Alia mia domanda su come vedeva la situazione di allora mi ha risposto: "combattere come guerrigliero non e certo stato sbagliato, ad ogni modo non avevamo altra sceltd'. A proposito della situazione attuale invece dice che bisogna continuare a lottare ma con altri mezzi e ci tiene a precisare che il nemico numero uno siano i fondamentalisti: "opprimono la popolazione e soprattutto le donne", dice. "Oggi" mi dice "la lotta comincia gid infamiglid'. Ha due figlie e racconta "e impressionante vedere come si esprimono, come si muovono e come ballano". Lui le stimola a frequentare corsi di computer e di ballo. Tutto questo mi ricorda qualcosa a me famigliare e mi rendo conto di come le faccende personali siano legate al mondo politico anche nel Kurdistan Iracheno. 11 III - In viaggio da Sulejman a Baghdad Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24815.shtml Post originate: http://ch.indymedia.org/de/2004/07/24728.shtml data: 11.07.2004 16:21 Non si puo lasciare che l'lraq venga interpretato a priori da sinistra come da destra. Tutte le persone con spirito progressista dovrebbero impegnarsi. Cosa fare esattamente non lo so neanche io ma non fare nulla e sicuramente sbagliato. Mercoledi 14 luglio proveremo lo streaming 3 dalle 12 alle 13 ora svizzera su http://berkman.indymedia.org:8003/wet.mp3 Sulejman - Baghdad: Sono le 7:30 quando partiamo da Sulejman ed il sole e gia alto quanto la temperatura. Sorpassiamo una colonna di furgoni militari. Noi, cortesi e contenti li salutiamo e loro di rimando ci salutano con un cenno della mano. Ogni dieci o venti chilometri ci imbattiamo in un checkpoint: una casetta con un paio di soldati. Dopo poche ore ci troviamo immersi in paesaggi impressionanti, montagne e gole che formano uno scenario suggestivo; e l'entroterra del Kurdistan. Troviamo poco traffico ed arriviamo vicino ad un lago meraviglioso. Scorgo delle costruzioni e da cio che dice l'autista credo di capire che si tratti di dighe di sbarramento costruite nel 1947. Proseguiamo il viaggio seguendo il fiume. Lungo il fiume la vegetazione e rigogliosa, verde e colorata, ma il resto del paesaggio e arido e duro. C'e qualcosa di paradisiaco che mi ricorda l'immaginario biblico, un eden in cui manca solo la presenza di Eva. E il paradiso... II panorama e cosi bello che ci fermiamo per mangiare, sostiamo di fronte ad una sorgente che esce dalla montagna: una meraviglia in mezzo a questa terra e con una temperatura di 40°C. Dopo il pasto l'autista ci mostra il luogo dove un suo collega e morto cadendo nel fiume dopo aver mancato una curva. L'lraq infatti non e pericoloso soltanto per la sua 3 Lo streaming consiste nel trasmettere file (audio o anche video) in modo che il computer che lo riceve cominci a riprodurlo man mano che gli viene inviato. Lo streaming e quindi del tutto simile ad una "trasmissione" come quella della radio o della TV: puo essere "on demand", cioe su richiesta, o in diretta. Di solito, per poter garantire la continuity della riproduzione, lo Streaming costringe ad un grado di compressione superiore a quello utilizzabile per un file da scaricare, riducendo cosi la qualita del suono. Con questo sistema e pero possibile, come gia detto, trasmettere in diretta e riprodurre immediatamente i files. E una tecnologia relativamente semplice e che richiede pochi mezzi (un pc, un microfono e una connessione ad internet) 12 situazione politica ma anche perche qui tutti guidano come pazzi, a 120 o 130 km all'ora per strade impervie dove e sufficiente un buco nella strada o qualche pecora sulla via per sbandare e rischiare la vita. Ci awiciniamo alia citta di Kala, l'ultima grande citta del Kurdistan e come di consueto ci attende un checkpoint. Ci chiedono dove siamo stati, dove siamo diretti e cosa andiamo a fare e dopo aver scambiato alcune parole e risposto alle loro domande ci lasciano passare. L'autista sembra arrabbiato, ci dice che i militari non erano nemmeno in grado di leggere i nostri documenti. Awicinandoci alia zona araba scorgiamo i resti di un villaggio distrutto e l'autista ci racconta che e stato distrutto dal regime di Saddam: "gente dal sud arabifatti arrivare al posto dei curdi". Dopo due chilometri ci imbattiamo in un altro villaggio abbandonato "vi abitavano gli arabi trasferitisi qui ma adesso sono scappati per paura". Mi chiedo come, dove e quando potranno venir sollevati conflitti del genere? Passiamo l'ultimo posto di blocco curdo e ci awiciniamo al primo Checkpoint arabo (apparentemente sono molto simili a quelli curdi, anche se le divise dei soldati sono leggermente diverse). Mi incuriosisce il fatto che il soldato arabo ci accolga con un sorriso cordiale, ma la cosa che mi impressiona ancor di piu e che questo si scusa con l'autista perche non sa parlare kurdo. Sono proprio questi gesti ad offrirmi barlumi di speranza; forse si tratta solo di una prospettiva che viene dal basso e sicuramente poco obiettiva, ma anche di buon motivo per continuare a sognare e a sperare... Cosi siamo andati avanti, sollevati, awicinandoci a Baghdad. 13 IV - Una giornalista Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24816.shtml Post originate: http://ch.indymedia.org/de/2004/07/24729.shtml Data: 11.07.2004 16:28 In Iraq oggi i media svolgono un ruolo sempre piu importante, tant'e che Franco Frattini, ministro degli esteri italiano, ha fatto notare al suo omologo iracheno come "il nuovo governo fantoccio" non fosse in grado di gestire i media. Quello che segue non e che un esempio delle difficolta e del coraggio con cui la stampa irachena deve affrontare la realta. Siamo a Baghdad, nella redazione del giornale e riusciamo ad ottenere un'intervista con una sua redattrice . II settimanale ha uno "sponsor", si tratta della Hyundai, la nota casa automobilistica coreana. Un fatto piuttosto abituale per l'lraq (e non solo per l'lraq). Abbiamo dunque chiesto alia redattrice se la Hyundai si fosse mai interessata alia gestione del settimanale. La redattrice ci risponde che Tunica presenza della Hyundai e costituita dall'inserto che appare sulla prima e sull'ultima pagina. Mi sono pero dimenticato di chiederle fino a che punto il giornale dipendesse finanziariamente dalla casa automobilistica (eterno dilettante) ma ho avuto l'impressione che il giornale cercasse di accaparrarsi il maggior numero di finanziamenti possibili. II settimanale si dichiara indipendente e con cio intende che non dipende ne da un partito ne da alcuna organizzazione politica. La giornalista poi ci racconta brevemente la sua storia spiegandoci come viveva sotto il regime di Saddam. Durante il regime lavorava presso un quotidiano di nome "Repubblica". Lei e cristiana e ci tiene a precisarlo poiche ha sempre difeso la sua identita religiosa. L'apparato di regime ha cercato di coinvolgerla ma lei ha sempre mantenuto una certa indipendenza che pero ha pagato con gli anni, infatti e sempre rimasta una semplice redattrice. Mi racconta di situazioni in cui doveva insegnare il lavoro ai futuri redattori, giornalisti che poi diventavano immancabilmente i suoi capo redattori. Dall'occupazione anglo-americana, con un paio di amici ed ex colleghi ha fondato questo settimanale di cui oggi e caporedattrice. Salam, il compagno con cui sto portando avanti il progetto della radio, ed io abbiamo notato che persino fra le persone contrarie al regime di Saddam ce ne fossero alcune che consideravano come propria le gerarchie alia base dei regimi totalitari. 14 Ci e venuto spontaneo chiederle che tipo di relazione intercorresse fra lei e i giornalisti suoi colleghi. Forse cogliendo la sottile provocazione, ci risponde che i colleghi e le colleghe sono sicuri di loro stessi ed agiscono in modo assolutamente indipendente. Occupied forces go home?! But what after? In seguito le abbiamo chiesto cosa ne pensasse dell'attuale occupazione e lei ci ha risposto che da irachena considerava giusto pretendere la loro partenza; alia domanda su come immaginasse la situazione nel caso in cui se ne fossero andati sul serio ci ha risposto che intanto il conflitto e permanente e che oggi si tratta soprattutto di conviverci, ed anche, forse proprio a causa dell'occupazione, di soprawivere a questa realta, e non sembrava lo dicesse giusto per dirlo. Nulla oramai puo essere considerato sicuro: i furti, i sequestri e la criminalita sono all'ordine del giorno e la situazione diventa ancora piu dura nei momenti in cui viene a mancare l'elettricita e l'acqua corrente. Ci e sorta cosi spontanea un'altra domanda: quali prospettive vedeva per il futuro? Lei ci ha risposto che questa situazione si protrarra ancora per molto e che non riusciva a immaginare una prospettiva possibile, ritiene inoltre che i "quadri" e gli intellettuali lasceranno di nuovo il paese proprio a causa di questa mancanza di prospettive. Marshall Laws Al momento in Iraq si discutono nuove leggi ma si possono veramente considerare degne di un paese "liberato"? Sono leggi che limiteranno le liberta senza risolvere i problemi presenti all'interno del paese e la repressione si sente sempre di piu anche nei confronti della stampa. "Gli iracheni, ci dice, conoscono la repressione e con cosi tante persone senza un salario risulta difficile anche soprawivere." Ci fa notare come sia stato un errore, da parte dell'esercito statunitense, l'aver allontanato tutte quelle persone che lavoravano per il vecchio apparato visto che molto spesso esse non avevano altra scelta. In Iraq la stragrande maggioranza della popolazione lavorava direttamente o indirettamente per lo Stato. La caporedattrice ci ha invece parlato poco della situazione delle donne ed ha criticato la clausola del 25%; questa imponeva una percentuale fissa di impiegati donne, qualcosa tipo le " affermative action!' per gli afroamericani negli USA. Lei ritiene che dovrebbero essere le capacita di una persona a venir considerate, ci dice che i 15 posti di lavoro venivano comunque decisi e spartiti dall'alto. Ci fa notare come oggi molti degli iracheni che sono tornati dopo anni vissuti all'estero abbiano difficolta a capire la realta irachena e di come alcuni addirittura non sappiano piu parlare correttamente l'arabo. Insomma ci espone le varie contraddizioni, che cominciano dalla violenza prodotta dall'esercito occupante e finiscono con i Kalashnikov ad ogni angolo di strada. Infine le chiediamo cosa possono fare le persone che vogliono mostrare la loro solidarieta con il popolo iracheno e lei ci risponde che l'Europa dovrebbe prepararsi ad aprire le frontiere. 16 V - II Primo stream da Baghdad Post originate: http://ch.indymedia.org/de/2004/07/24814.shtml Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24849.shtml Data: 15.07.2004 15:02 Ieri, quattordici luglio, e stato realizzato il primo stream in diretta da Baghdad e possiamo ritenerlo un successo. Siamo riusciti a proporlo in diverse lingue fra cui l'arabo, l'inglese e lo spagnolo. Durante lo stream abbiamo discusso delle problematiche riguardanti la sicurezza nell'Iraq come pure del significato che poteva avere una data come quella del 14 luglio per l'lraq e per la Francia e dei "sogni" che sono in realta vere e proprie esigenze per il popolo iracheno, come l'elettricita o l'acqua corrente nelle casa 4 . Grazie alia comunicazione virtuale via chat durante lo stream, abbiamo potuto incontrare gli ascoltatori, questo ha permesso, ha chi faceva materialmente la trasmissione e a quelli che seguivano lo stream di riproporre piu volte le voci che giungevano da Baghdad, siamo dunque riusciti a ritrasmetterlo via Web in tutto il mondo, e grazie ad una stazione radio di Sheffield (UK) anche via etere. Ma non si tratta di una prima, a fine giugno, durante una tappa del viaggio che ha portato a Baghdad un gruppo di persone per un progetto legato alia realizzazione di una radio indipendente, nella citta curda Halabja e gia stato trasmesso uno stream 5 dove si raccontava tra l'altro, degli attacchi con i gas che Saddam utilizzo nei confronti dei Curdi negli anni '80. L'idea di creare una radio indipendente e nata da un gruppi di alcuni radioattivisti di Amsterdam. 4 E possibile ascoltare la registrazione di questo primo stream all'indirizzo: http:// streamtime.org/ /index. php?op=ViewArticle&articleId= 1 7&blogId= 1 http : / / kriegste . vh .guad.de/theorie/ audio / wet_0 40714. mp3 5 http: / / streamtime.org/ index. php?op=ViewArticle&article!d= 1 2&blogId= 1 17 Alcuni articoli sulle idee del progetto, il loro sviluppo e i risultati si possono trovare nei seguenti link: http://kriegste.de/ theorie/ wetradio.htm http://kriegste.de/ theorie/ jo_projekt.htm http:// www.streamtime.org/ index.php?blogId= 1 &op=Template&show=tigris http:// www.xs4all. nl/ ~jo/ http:// www.xs4all. nl/ ~jo/ iraqpage. html http:// www.xs4a.il. nl/ ~jo/ rietfluit. htm http:// www.xs4all. nl/ ~jo/ tigriswoods. html http:// www.streamtime.org Altri siti web sulla tematica: http:// www. unponteper. it/ baghdad/ http:// www. occupationwatch. org/ http:/ / www. iraqdaily. com/ http:/ / blog. newstandardnews. net/ iraqdispatches/ http:/ / www.electroniciraq.net/ news/ http:// www. riverbendblog. blogspot. com/ http:// www.zmag.org/CrisesCurEvts/Iraq/IraqCrisis. cfm 18 VI - Venerdi, in fondo e un giorno di festa Post originate: http://ch.indymedia.org/de/2004/07/24814.shtml Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24852.shtml Data: 16.07.2004 15:02 In questi giorni mi stanno arrivando mail in cui mi si chiede di raccontare come vivo questa nuova esperienza in Iraq, fra questi uno in particolare mi sembra possa essere di interesse generale: "qualche giorno fa ho avuto Voccasione di vedere un documentario in cui si mostrava come fosse continuamente a rischio la vita dei mediattivisti e dei giornalisti in Iraq, veniva proposta una situazione terribile in cui i giornalisti vengono spesso minacciati. Ma chi minaccia i giornalisti? Spero tu stia attento a non correre rischi inutili. Ulrich Tilgner (corrispondente in Iraq della Televisione svizzera DRS e della ZDF) ha addirittura scritto che raramente prende un taxi a meno che non conosce personalmente Vautista." Se facessi cosi non potrei piu muovermi, ma e vero, i taxi non sono sicuri. In particolare sono a rischio le donne, che quando possono, evitano di prenderli. Ma soprattutto e questa miscela di mafia e terrorismo che aleggia contro la gente comune a rendere insostenibile la vita qui a Baghdad. Oggi per la prima volta sono andato a comprare il pane da solo, poi, lasciandomi sorprendere dal mio coraggio mi sono fermato a prendere un te. II ristoratore non mi e parso molto cordiale ma forse era solo la mia paura a renderlo tale. Dopo qualche minuto e sopraggiunta una delle persone con la quale condivido l'abitazione che si e mostrata subito felice di vedermi. Aveva appena saputo che, De La Cruz, il filippino, ostaggio di un gruppo di estremisti, era stato ucciso (per fortuna poi la notizia e risultata falsa, sembra invece piu probabile la sua prossima liberazione). Lui subito mi ha "confortato" dicendomi che in una situazione del genere non avrebbe esitato a difenderci, (intendeva noi due, visto che sovente ci ritroviamo soli in casa) stringendo a se il Kalaschnikov, io gli credo, ma e una situazione che non penso posso reggere ancora per molto. Alcuni amici mi hanno addirittura offerto una protezione armata, ma dopo averli ringraziati l'ho rifiutata. A volte mi risulta inquietante, quasi sinistra, l'idea di non incontrare nessuno straniero per le strada 19 (per stranieri intendo quelli che puoi notare ad un chilometro di distanza). A volte rimango attonito, sgomento, nel constatare quanto grande sia la discrepanza che trovo in tutto cio che di buono e cattivo convivono in questo angolo di mondo. Mi risulta inaccettabile; una parte di me continua a rifiutarsi addirittura di comprenderlo. Non mi e ancora stato possibile raggiungere "Saddam- City" oggi Al Sadr City. Magari proveremo in gruppo ma non voglio nemmeno che cio possa mettere in pericolo la vita di qualcuno. E nonostante questo credo che lasciare oggi Baghdad sia un errore. Credo sia importante mostrare come non siano solo i "mercenari" ed i soldati di ogni genere a rimanere in citta. In fondo la paura e sempre stata l'arma (qua nel vero senso della parola) dei fascisti e qui di paura ce n'e anche troppa, soprattutto per gli iracheni che contrariamente a me non possono lasciare il paese quando vogliono. (vedi l'intervista con la giornalista di qualche giorno fa) Molti di loro proprio non ce la fanno piu, dopo tutti gli anni passati sotto la dittatura oggi si ritrovano immersi ancora nel terrore. Ieri ho avuto l'opportunita di conversare con un turkmeno di Beja (cittadina fra Baghdad e Falluja), dice che non ne puo piu, ma che il problema principale e che tutto viene deciso da altri, nessuna decisione viene presa dagli iracheni, l'autodeterminazione del nuovo governo e una bugia montata ad arte. Ha una visione molto pessimistica e dice che la situazione non puo che peggiorare. Mi dice anche che sta nascendo una nuova forma di razzismo contro i bianchi ed i non-mussulmani che porta poi ai sequestri indiscriminati come per il filippino che era un operaio immigrato. Gli domando cosa ne pensa della resistenza e lui mi risponde che con i sabotaggi alia corrente elettrica si colpisce soprattutto la popolazione civile. Gli ho chiesto come viveva sotto il regime di Saddam, mi ha raccontato che gestiva un locale di biliardo a Falluja che adesso e stato sequestrato dall'esercito americano. Lui si ritrova senza un lavoro, disoccupato ed emarginato, non vede un futuro e ammette sinceramente che non vuole piu saperne di nulla. Gli ho chiesto se voleva rilasciarmi un'intervista ma mi ha risposto che non avrebbe avuto senso, che tutto quello che poteva osservare era una catastrofe dopo l'altra ... Ho provato a fargli coraggio, ma dubito di esserci riuscito. 20 Intanto a Baghdad ci capita di sentire il rumore di esplosioni, anche se non riesco mai a capire in quali zone della citta. Alcuni dicono che certi gruppi della resistenza sono manipolati dall'occidente... potrebbe anche darsi... L'esercito americano e presente soprattutto nella Green line. E come una fortezza, ma molto piu pericolosa del luogo dove vivo io. A volte si possono osservare alcune pattuglie, formate da piccole automobili corazzate. Ci capita spesso di osservare anche aerei ed elicotteri sorvolare le nostre teste. E impressionante notare come volino sempre molto bassi. II perche non chiedetemelo, provate ad immaginarlo... Adesso pero smetto di scrivere altrimenti mi deprimo. No, in fondo riesco anche a stare bene, rifletto spesso se sia giusto continuare a rimanere a Baghdad e non riesco a darmi una risposta definitiva pero posso dire con certezza che se ci fossero molti piu "osservatori civili" la situazione potrebbe sicuramente migliorare, soprattutto per gli iracheni... 21 VII - La guerra dal racconto di Hussam, un soldato Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/08/25040.shtml Post originate: http://ch.indymedia.org/de/2004/08/24930.shtml Data: 26.07.2004 12:03 Non e stato mai chiaro cosa succedesse a Baghdad durante la guerra, specialmente durante i bombardamenti; e non si e mai veramente capito cosa awenisse nelle caserme dell'esercito iracheno. I pezzi che compongono il mosaico di questa guerra mancano o sono confusi. Ho potuto parlare con un ex-soldato iracheno, Hussam, che, con la sua testimonianza, mi ha aiutato a ricomporre questo mosaico. Hussam ha vissuto la guerra come soldato dell'esercito iracheno. Egli doveva essere in vacanza quando scoppio la guerra. Erano gia passati nove mesi di servizio che gli avrebbero dato diritto ad un congedo; la regola era: ogni due settimane di servizio una di ferie. Ma le sue ferie vennero cancellate a causa dell'inizio della guerra. Hussam era di stanza a El Rasheed: una grande base militare ad est di Baghdad, con piu di mille soldati di diverse eta. Hussam era nella contraerea durante il quarto giorno dei bombardamenti e mi racconta che e stato orribile. Le bombe cadevano continuamente ed i soldati capirono in fretta che non avrebbero potuto opporre nessuna resistenza agli attacchi anglo-americani. II loro era uno stato di totale desolazione, senza speranza. Provarono persino a nascondersi andando nei rifugi, ma cadeva una bomba dietro l'altra. Cosi furono gli ufficiali a ordinare ai soldati di andar via. Gli dissero: sai dove abito, ma se lo riveli ti sparo. Gli ufficiali volevano andarsene ma per fare cio dovevano mandare via prima i soldati. Hussan non aspetto a lungo ad eseguire questo gradito ordine, si cambio i vestiti e fuggi dalla base lasciando l'uniforme e le armi sul posto. Nel momento in cui lui lascio la base non c'erano ancora feriti, piu tardi invece se ne poterono contare molti. Suo fratello, anche lui a El Rasheed, rimase ferito a causa del crollo di un muro. Dopo 4 ore di bombardamenti la base militare era completamente distrutta. Dato che non abitava lontano Hussam torno a casa a piedi. Terminati i bombardamenti fece ritorno alia base. Noto persone che caricavano armi su un furgone ed assistette ad un conflitto a fuoco. Vide anche tornare nuovamente gli aerei e con essi i bombardamenti incominciarono. L'ex-soldato mi racconta anche che gli americani pensavano che ad aprire il fuoco fosse un gruppo della resistenza e che per questo motivo avevano nuovamente bombardato. Inoltre mi 22 racconta che Saddam stesso ha fatto bombardare la citta per fare propaganda contro gli americani, non e stato pero in grado di dirmi quando e dove questo sia awenuto. Mi dice anche che oltre all'esercito ed alle guardie repubblicane esistevano ancora altre truppe come i Feddayn, truppe speciali composte da volontari stranieri. 23 VIII - II problema della sicurezza ci coinvolge tutti Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/08/25041.shtml Post originale: http://ch.indymedia.org/de/2004/07/24931.shtml Data: 26.07.2004 12:06 Come gia menzionato altre volte la questione della sicurezza non e un problema che riguarda solo le truppe americane e la Green zone, ma il rischio per l'incolumita fisica coinvolge tutti, siamo divenuti tutti vittime degli stessi mezzi crudeli, questo non e che un esempio capitato nel mio quartiere. Sabato mattina vado a comprare del samun, il pane. Nel negozio accanto c'e Whalid, di Radio Nas. Dopo avermi regalato una bibita mi racconta che l'altro negozio ha chiuso. II proprietario e cristiano, vende birra, e circa due giorni fa sono venuti due uomini barbuti (che qui equivale a dire islamici) e gli hanno intimato di chiudere, altrimenti lo avrebbero fatto saltare in aria. Rimango un po' con quell'uomo, parliamo. Anche lui e cristiano. Purtroppo parla pochissimo l'inglese ma cerca comunque di comunicare. Vorrei capire cosa e successo e gli chiedo se nel negozio che e stato chiuso fossero arrivati degli uomini del quartiere da lui conosciuti, lui non lo sa, non li conosce ma mi dice che le persone vengono assunte direttamente attorno alle moschee. Gli chiedo cosa si potrebbe fare e lui risponde che non lo sa, quindi con un forte sospiro dal quale traspare la sua rassegnazione mi dice che vorrebbe andare via, che ne ha abbastanza. II suo sogno sarebbe di partire per 1' America ma non riuscirebbe ad ottenere nemmeno il visto per raggiungere la Siria. Alia fine ci ritroviamo tutti e due perplessi ed io mi arrabbio pensando all'impossibilita per me di cambiar le cose, alle evidenti difficolta di una situazione che deve finire perche non si puo piu andare avanti cosi. Ma come fare? Riesco solo a pensare che il minimo che io possa fare sia comprargli uno yogurt. Lui me lo regala, non vuole soldi. II suo sorriso esprime bonta, ma i suoi occhi sono cosi tristi che non insisto per pagare; senza bisogno di parole ho capito. Mi fa capire dai suoi gesti, ma soprattutto dai suoi occhi, che devo stare attento. Disperatamente cerco di pensare a cosa potrei fare per lui. Non e molto, ma provero a fargli un'intervista. Come vi ho detto questo non e che un esempio. Se gli attentati colpissero solo i soldati potremmo gestire la situazione, ma cosi 24 abbiamo le mani legate. Domani provero a scoprire quanto e successo in questo quartiere. A Sadr City la situazione e ancora piu disperata. Non so come, Tunica cosa che so e che tutto questo deve finire !! 25 IX - Baghdad Traduzione in italiano http://ch.indymedia.org/it/2004/07/24693.shtml Post originale: http://ch.indymedia.org/de/2004/07/24620.shtml Data: 06.07.2004 16:44 Sono gia tre giorni che mi trovo a Baghdad ma finora non ero riuscito a trovare una connessione Internet. Eccovi dunque un piccolo resoconto dei giorni scorsi: Con un eufemismo potrei cavarmela dicendovi che la situazione e difficile e l'angoscia, sempre presente. Camminando per strada, ad ogni angolo, si scorgono persone armate di Kalashnikov, l'arma piu a buon mercato in questa zona dell'emisfero terrestre. Ho trovato dimora presso una casa che presto diventera anche lo studio della radio. In quanto alia mia vita a Baghdad, non mi posso muovere liberamente, al piu tardi alle sette di sera devo essere a casa e non c'e nulla che posso considerare sicuro, nemmeno il viaggiare in taxi. II progetto della radio intanto va avanti, siamo riusciti ad ottenere frequenze in AM cosi da coprire un'area di alcune centinaia di chilometri. Durante la notte mi ritrovo in compagnia di alcuni uomini, e chiaro che non sono dei militari e nemmeno mercenari ma una sorta di angeli custodi armati. Impossibile fame a meno. Sono molto disponibili, ma purtroppo non parlano una parola di inglese cosi fra me e loro si e instaurata una sorta di comunicazione non verbale. L'altra notte ascoltavamo una cassetta, vi usciva una musica soave, mentre la voce della cantante araba era cosi fine da rendere inimmaginabile l'idea che sul tavolo della stanza vi fossero appoggiati dei fucili. No. Non si stava per niente bene con quei fucili sul tavolo. La mattina non c'e mai corrente elettrica che arriva soltanto verso sera, anche se mai ad un orario preciso, poi sparisce nuovamente con le prime luci dell'alba. Per la radio dovremmo arrangiarci con dei generatori. Al momento ne abbiamo uno ma e cosi rumoroso che saperlo spento mi rende felice. Per quanto concerne l'acqua la situazione e ancora peggiore. Solamente una canna di gomma, come quelle per innaffiare il giardino, che se solo provo ad alzarla fino all'altezza della mia testa la pressione non basta piu e addio acqua. C'e pero l'aria condizionata! Che sia questo contrasto tra modernita e precarieta, che magari non sono in contraddizione, a rendermi insicuro? Ho gia preparato due testi, ma continuo ad avere delle difficolta a collegare il mio portatile. Spero di riuscirci piu tardi. 26 X - La mia peggiore notte irachena Post originate: http://ch.indymedia.org/de/2004/08/25039.shtml Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/08/25181.shtml Data: 02.08.2004 9:52 Domenica 1° agosto 2004: una notte terribile per VIraq, per Baghdad e per me. Eravamo tutti molto contenti per la bella giornata passata. Lo streaming aveva funzionato bene, durante la giornata abbiamo avuto un colloquio per costruire una radio community a Baghdad. sembrava andare tutto per il verso giusto quando, di colpo siamo ripiombati nella cruda realta di questo paese. Abbiamo sentito uno scoppio seguito dall'onda d'urto. Questa volta doveva essere molto, molto vicino. Siamo scesi in strada e ad attenderci c'era il caos totale. Alcune persone, soprattutto giovani, correvano nella direzione dov'era esplosa la bomba dalla quale saliva del fumo nero. II mio accompagnatore mi ha subito fatto notare che forse era meglio se rientravo in casa. Io ci sono tomato con un po' di riluttanza ed un paio di minuti piu tardi sono uscito di nuovo. Cominciavo a capire cosa stesse succedendo: a trecento metri da noi c'erano le jeep blindate dell'esercito USA, la polizia e alcune ambulanze. Ho visto una coppia scappare correndo, probabilmente in direzione di casa loro mentre alcune persone raccoglievano i cocci dei vetri delle loro finestre frantumate. Persone anziane che avevano perso tutto venivano aiutate spontaneamente da altre persone mentre io avevo perso la cognizione del tempo, pensavo che fossero piu o meno le ore 18.00 ma quando siamo rientrati mi sono accorto che erano gia le 19:00 ed io avrei dovuto essere gia a casa mia. Ho detto che dovevo ritornare a casa perche altrimenti, se non fossi rientrato puntuale, i miei coinquilini si sarebbero preoccupati. Allora una delle persone presenti si e messa ha disposizione per accompagnarmi. Per tornare a casa siamo dovuti andare proprio nella direzione in cui era esplosa la bomba. Siccome avevo visto le macchine blindate dell'esercito USA ho chiesto al mio accompagnatore se non sarebbe stato meglio fare una deviazione, ma lui non mi capiva e continuava imperterrito in quella direzione. I soldati degli Stati Uniti avevano ogni tipo d'arma. Siamo passati in mezzo alle automobili blindate. Poi abbiamo visto il luogo dell'attentato: una chiesa cattolica siriana. Ci passavo davanti ogni giorno durante la mia passeggiata quotidiana, era ben riconoscibile dalla sua croce immensa. C'era un via vai di ambulanze, ma noi non ci siamo fermati e abbiamo continuato a camminare con passo deciso. Tutte le finestre degli alberghi erano frantumate, c'erano pezzi di vetro dappertutto. Con un certo sollievo 27 siamo arrivati a casa mia. Una finestra si era rotta a causa dell'esplosione, c'erano pezzi di vetro dappertutto. Sulla strada c'era ancora tanta gente, i soldati americani hanno bloccato le strade al traffico. Sulle nostre teste volteggiavano gli elicotteri. Ai giornalisti veniva impedito di awicinarsi al luogo dell'esplosione. Uno dei miei amici voleva andare in strada e registrare tutto con una videocamera, ma gli altri erano contrari perche lui era troppo eccitato, allora ho deciso di non dargli la mia videocamera, ma lui e uscito lo stesso, assieme ad un altro amico. Dal balcone li ho visti camminare verso i soldati americani. Mi sono dawero preoccupato, ma gli altri no, mi dicevano che non ci si poteva fare nulla, lui era cosi. Poi l'ho perso di vista. Cominciava a fare buio. Vedevo i soldati spingere via i passanti dalla strada. Quindi abbiamo visto salire del fumo anche da un altro posto. Un amico mi ha raccontato che quando e arrivato a casa sua ha sentito l'esplosione, e uscito con la sua videocamera e mentre si stava dirigendo verso la chiesa ha sentito una seconda esplosione meno forte, circa dieci minuti dopo la prima. L'attentato era stato ideato per uccidere il maggior numero possibile di persone, colpendo tutti coloro che erano accorsi a prestare soccorso o a vedere. La situazione e preoccupante, e la prima volta che una chiesa viene attaccata. Cosa significhera questo per il futuro? E ancora presto per fare un'analisi compiuta ma in ogni caso la situazione e terribile. Alcuni gruppi islamici vogliono una guerra di religione, guerra che pero non trova consenso fra la gente di Baghdad. Era completamente buio quando finalmente e tomato l'amico che era uscito. Ci ha portato del cibo ed ha raccontato che sono state tante le chiese colpite quella sera, tutte alia stessa ora. Un giro di telefonate e la conferma ci arriva imperterrita: e stata un'azione mirata, fatta di domenica, quando la gente va a messa, per uccidere il maggior numero possibile di fedeli. Mancava la luce, non c'era elettricita e faceva cosi caldo che abbiamo pensato di mangiare sul balcone. Pero era pieno di pezzi di vetro e un coinquilino si e tagliato il piede, il sangue gli usciva a fiotti. Abbiamo cercato di fermarne il flusso. Uno dei coinquilini si voleva stracciare la camicia da utilizzare come laccio emostatico ma il ferito non voleva, e una camicia cosi bella gli dice. Con grande fatica riusciamo a convincerlo che il suo piede e piu importante di una camicia. Dato che era buio non vedevamo i pezzi di vetro, per cui siamo tornati dentro. Abbiamo mangiato nella piu totale oscurita. Terminata la cena gli altri 28 hanno cominciato a cantare delle vecchie canzoni, vi si poteva sentire il dolore e la malinconia che da secoli questo popolo prova. Avrei voluto piangere. Dopo alcune ore i soldati USA sono andati via. II traffico ha ricominciato a scorrere. Abbiamo cercato di dormire, ma non era possibile, andavamo avanti e indietro tra il balcone, quelle- senza vetri, e le stanze. Ognuno di noi ha tentato di addormentarsi in mille modi, ma la tensione, il traffico, gli elicotteri che passavano, le sirene sulle automobili della polizia e i generatori ce lo impedivano. Ad un tratto udiamo uno sparo vicino, sentiamo la polizia giungere con le sirene spiegate e poi il silenzio. Alle cinque di questa mattina ci siamo alzati, alcuni amici volevano andare a Basra, lo sono andato a far colazione con un conoscente iracheno. Abbiamo avuto la possibility di bere dell'acqua fresca (finalmente fredda) inesistente nel nostro appartamento. Poi lui e andato al lavoro. Aveva un incontro con altre persone dell'organizzazione dei prigionieri politici. Gli ho chiesto se lo potevo accompagnare e lui mi dice di si, ma subito dopo, in un vicolo, ci imbattiamo in un controllo. Credo che lui non avesse ben capito le mie intenzioni ed ha continuato a camminare mentre io sono tomato indietro. Le guardie non capivano cosa ci stessi a fare li, ma dal momento che mi giro per tornare indietro mi dicono "o.k., no problem". Ho deciso di andare a visitare un conoscente cristiano con cui ho gia avuto dei contatti e ho pensato che sarebbe stato giusto incontrarlo proprio adesso, dopo questi attentati. Lui e felice di vedermi. Come sempre mi dice che devo lasciare il paese. Lui vorrebbe andarsene, ma dove? Mi dice che sono state colpite sei chiese, e che ci sono stati piu di mille morti. Non so esattamente cosa sia successo e dove, questa discrepanza mi assilla, essere qui dove le cose accadono, ma non riuscire ad avere una visione generale di cio che succede. Mi chiedo se non potrei interagire anche con la Svizzera. Voglio provare a passare all'ambasciata. Mi ricordo di quell' intervista che feci appena arrivato a Baghdad. La giornalista mi disse che i paesi europei dovrebbero aprire le loro frontiere per i rifugiati. Si, apriamo le frontiere! Condanniamo la politica dei gruppi fondamentalisti islamici che uccidono alia cieca. La guerra non e una soluzione. La guerra non e la risposta. NO!!! 29 XI - Una donna ad Abu Ghraib Post originate: http://ch.indymedia.org /de/2004/08/25196.shtml Traduzione in italiano: http://ch.indymedia.org/it/2004/08/25339.shtml Data: 07.08.2004 10:36 Si e fatto un gran parlare dei terribili trattamenti e del mancato rispetto dei diritti umani nella prigione di Abu Ghraib a Baghdad. Pero poco o nulla si e detto sulla situazione delle donne in quella stessa prigione. Proprio per questo abbiamo deciso di parlare con una donna che in quel carcere e stata rinchiusa. Non e nostra intenzione proporre un "giornalismo fatto di facili emozioni" quello che vogliamo e che i diritti umani siano ovunque rispettati. Ecco qua la trascrizione di cio che ci ha raccontato: La nostra intervistata, che rimarra anonima per owie ragioni, e nata nel 1949 a Najaf. II 26 febbraio del 2004 alle 2.30 di notte e stata arrestata dai soldati statunitensi perche un vicino di casa a lei noto l'aveva denunciata. Sono venuti a prenderla ben ventun soldati scesi da un elicottero atterrato sul tetto di casa sua. Da qui e stata subito portata nel palazzo Al Sijoud. Durante l'intervento i soldati le hanno rubato 7'000'000 dinar iracheni (equivalenti a circa 5'000 dollari americani) ed hanno arrestato suo figlio per ottenere informazioni su di lei. Dopo essere stata prelevata e costretta a camminare per quattordici ore consecutive su piccoli sassi, senza scarpe, le hanno mostrato il figlio legato a un albero con una maschera nera sulla testa. In seguito e stata portata al carcere dell'aeroporto, dove e dovuta andare da un dottore militare USA accompagnata da un traduttore iracheno. II dottore le ha ordinato di spogliarsi, lei dopo essersi rifiutata di farlo davanti ai due uomini ha chiesto di essere visitata da una dottoressa, richiesta che e stata respinta. II dottore le ha cosi tagliato il suo hijab 6 ed allora la donna ha cominciato ad avere paura, si e quindi spogliata rimanendo in mutande e reggiseno. In queste condizioni e stata portata in cella, una cella singola dove e stata interrogata da una donna americana che si e comportata bene durante il primo interrogatorio, ma non nel secondo. L'hanno poi portata in un'altra cella ed hanno acceso l'aria condizionata in modo da creare un ambiente molto freddo, non 6 II foulard islamico che copre la testa e il collo delle donne, lasciando perfettamente scoperto ed identificabile il volto. 30 dimentichiamoci che l'arresto awenne in febbraio. Piu tardi la donna e stata portata al carcere Abu Ghraib con un elicottero. Lo spostamento da un carcere all'altro non durerebbe che pochi minuti, pero lo fanno durare oltre un'ora e mezza in modo che i prigionieri non sappiano dove vanno. Nel carcere di Abu Ghraib ha condiviso la cella con 12 altri prigionieri maschi. Tutti gli altri prigionieri avevano un numero. Ad Abu Ghraib ha visto altre prigioniere come pure bambini di tutte le eta: dal bebe al sedicenne. Alcuni di questi ragazzi piangevano tutto il giorno. Una volta un soldato, stufo del pianto di un bambino, lo ha preso e gettato a terra: uccidendolo! Ad un certo punto della sua prigionia, la nostra intervistata, si e ritrovata in cella assieme a cinque altri prigionieri. II nome del responsabile di quel reparto era "Forsf. Lei gli parlava, dice che lui era un uomo corretto, ma un giorno le ha detto che tutti i prigionieri sono un pericolo per il mondo intero. La donna ha visto piu o meno tredici altre donne in prigione. Tutte avevano delle ferite o dei lividi sul corpo e cio faceva pensare che fossero state picchiate. Una volta una di loro e dovuta rimanere fuori al freddo e sotto la pioggia. La nostra interlocutrice ci racconta anche di casi di stupro, awenuti non solo nei confronti delle donne. Dopo essere stata rilasciata, e andata dal ministro di giustizia e anche dalle ONG per raccontare cio che le era successo, pero ne il ministro ne le ONG hanno potuto fare qualcosa. Adesso ha tanti problemi: i soldi che le sono stati rubati dai soldati non erano i suoi ed il proprietario li rivuole indietro e per ottenerli e disposto a portarla davanti ad un tribunale. Ma soprattutto i suoi figli sono in gran difficolta perche nella societa irachena e una gran vergogna quando una donna e stata in prigione. 31 XII - I combattimenti si avvicinano Post originate: http://ch.indymedia.org /de/2004/08/25196.shtml Traduzione in italiano: non presente in rete Data: 07.08.2004 10:36 Dopo un bel bagno rilassante nel Tigri stavo tornando, come al solito entro le 19:00 nella mia casa. L'atmosfera era lieta, poiche i miei amici erano tornati dal loro viaggio nel Sud d'Iraq e avevano tanto da raccontarci. Ci hanno raccontato di Basra cittadina in cui le persone erano amichevoli e dove era possibile svolgere attivita sindacali senza problemi. Completamente diverse invece le condizioni a Nassiria: in cui c'erano stati dei combattimenti e quindi avevano dovuto nascondersi, hanno sentito esplosioni e spari per tutta la notte. Adesso erano stanchi ed erano contenti di avere davanti a loro una notte tranquilla in cui riposarsi. Verso le 23.00 sentivamo pero le prime esplosioni. Anche ieri verso quest'ora si erano sentite delle detonazioni, ma ora i colpi erano molto piu vicini. Ogni volta che stavo per prendere sonno venivo nuovamente svegliato dagli spari. Avrei voluto dormire in balcone ma non era possibile, quindi mi sono affacciato per guardare in strada. Anche il ragazzo, stanco per il viaggio, era in balcone. Entrambi non riuscivamo a vedere quasi nulla. Mi diceva che le esplosioni erano vicine perche aveva visto il bagliore di un esplosione e il rumore era quasi simultaneo. Dopo un po' ci siamo nuovamente sdraiati cercando di dormire. La temperatura era finalmente piu bassa, era finalmente piacevole... Nella notte sono stato nuovamente svegliato da spari di armi automatiche. Dal balcone non riuscivo a vedere niente. Pochi minuti dopo e arrivata la polizia che ha controllato il quartiere. Dopo un po' torna una tranquillita quasi spettrale. Questo si e ripetuto un paio di volte. Lentamente comincia a far giorno e anche il traffico stava iniziando ad aumentare. Per una volta mi ha fatto piacere sentire il rumore del traffico in strada: finalmente un suono di tranquilla normalita. In altre parti della citta la situazione era stata ancora peggiore. A Sadr-city, (nome non utilizzato dai miei amici che preferiscono chiamare questo quartiere con l'antico nome Touar che significa rivoluzione) avevano avuto luogo dei combattimenti ancor piu violenti. Qui gli islamisti hanno una grande influenza. Ho un amico che abita in quel quartiere e oggi non lTio ancora visto. In mattinata sono stato a Rasheed Bridge: Ci sarebbe dovuta essere una manifestazione dei senza tetto, ma a causa della situazione tesa la manifestazione e stata annullata. Questo e un altro segnale del fatto che c'e qualcosa che 32 non va, sarebbe necessario un movimento militante che renda possibile le proteste. Invece e il contrario: le manifestazioni vengono rese impossibile dalle stesse lotte militanti portate avanti da gruppi estremamente reazionari. 33 XIII - Arrivederci Baghdad: la situazione sta peggiorando sempre di piu. Post originate: http:/ / ch.indymedia.org / de/ 2004/ 08/ 25333. shtml Traduzione in italiano: non presente in rete Data: 14.08.2004 11:47 In fondo posso soltanto ripetere le parole dette da un amico quando ha lasciato Baghdad alcuni mesi fa: "ho una notizia buona e una cattiva. La notizia buona e che ho lasciato Baghdad e la cattiva e che ho lasciato Baghdad". A volte la vita puo essere piena di contraddizioni. Gli ultimi giorni sono stati dawero pessimi. A Karade, il quartiere dove abitavo, sentivamo ogni notte il rumore terribile delle esplosioni di bombe, una volta abbiamo sentito pure un mitra. In altri quartieri, come per esempio a Toura-city, due persone che conosco abitano la, la situazione era ancora peggiore: il quartiere e stato circondato dalle forze occupanti e nel quartiere dominano le truppe di Al Sadr. Martedi mattina, mentre i miei amici andavano al lavoro, una granata e caduta proprio accanto al loro taxi, per fortuna non e esplosa. Verso le 16:00 sono uscito per andare all 'internet-cafe. Mi meravigliavo, perche c'era pochissimo traffico e solo poche persone in strada, tutto mi pareva spettrale, di solito le strade sono sempre brulicanti di persone e macchine. Ho camminato per circa un chilometro senza problemi, ma sentivo che c'era qualcosa che non andava percio sono stato felice di arrivare all'ufficio di "culture for aW. La ho saputo che il gruppo di Al Sadr aveva dato l'ordine a tutte le persone di rimanere in casa. Mi e stato detto con fermezza che ora la situazione era molto pericolosa. Ci siamo spostati con una macchina in un altro quartiere. Qui la scena cambia completamente: c'era tanto traffico e molta gente in strada: siamo a Mansur, un quartiere piuttosto ricco. Come pud essere contrastante Bagdhad Erano gia le 19:30, piuttosto tardi per me che, come sempre, dovevo essere a casa entro le diciannove. Sono rientrato attorno alle venti, i miei amici erano preoccupati del il mio ritardo. Ci siamo scambiati il racconto delle nostre esperienze ed eravamo molto preoccupati per gli amici che vivono in quella zona della citta. Uno di noi e uscito per fare la spesa perche non c'era in casa piu nulla da mangiare. Ho chiesto di accompagnarlo, ma lui non ha voluto, ha preso il suo revolver ed e partito. Dopo una mezz'ora e ritornato con un polio e una bottiglia 34 grande di gazzosa. II polio e stato bollito e cosi poco dopo ne stavamo sorseggiando il brodo. La mattina dopo siamo andati in un ufficio proprio sulle rive del Tigri, c'era una meravigliosa vista sul frame e sulla Green zone. Sentivamo i colpi di alcuni mortai puntati contro la "Green Zone", gli iracheni hanno imparato a riconoscere con precisione il tipo di arma ascoltando il rumore dell'esplosione. Piu tardi ho incontrato Ammar, un amico, e insieme siamo andati in un internet-cafe. Poi e arrivato Amel che pero era triste. Lavorava in un ufficio statale, che e stato attaccato, ora e appena tornata dall'ospedale dove tre dei suoi colleghi sono stati ricoverati. II suo collega che abita a Toura-city non c'era, il quartiere e stato circondato da soldati statunitensi e percio non ha potuto uscire. Lo streaming e troppo an che per noi, c'e troppo miseria. Decidiamo di terminare prima del previsto. Inoltre devo ancora fare le valigie e salutare i miei amici. Poi devo trasferirmi, parto domani per il Kurdistan. Adesso sono a Sulejman; ma mi sembra d'essere in un altro mondo. Soprattutto sono triste di lasciare i miei amici a Baghdad in una situazione del genere. Arrivederci Baghdad). 35 Sansibar Radio Bagdad Partendo dal Kurdistan iracheno, alcuni mediattivisti hanno raggiunto Baghdad per installarvi una radio indipendente. Giorni passati fra sequestri di persone, sabotaggi ed esplosioni varie, per raccontare I'inquieta quotidianitd della citta sul Tigri. Spaccati di vite comuni distrutte da 30 anni di dittatura, immerse nel pessimismo di una situazione che sembra solo poter peggiorare. Una realta che ha dell'assurdo: ex terroristi pagati dalla Cia guidano un nuovo governo di transizione, mentre una legge marziale, costituita ad hoc per intaccare le poche liberta ottenute con la caduta del regime di Saddam, mette in ridicolo la democrazia "a mono armata". R tutto proprio durante i giorni in cui le inchieste governative dei tre principali paesi della coalizione (GB, USA e Australia) dimostrano I'inesistenza di armi di distruzione di massa e la mancanza di prove attendibili per stabilire eventuali collusioni fra I'Iraq ed il "terrorismo". Lo stesso Iraq dove oggi la crescita esponenziale dell'estremismo religioso, grazie anche agli scandali ed alia permanenza delle truppe straniere, trova terreno fertile. Da questo Iraq attraverso le pagine del sito di informazione indipendente indymedia.ch, ci giungono le parole, le interviste e le immagini che raccontano dal basso una storia che non e di regime, qualsiasi esso sia. Fr: 5.- | €