Suggerimenti

4 pensieri su “Suggerimenti

  1. Sono più di quarant’anni che ho in tasca ala tessera della Associazione Mazziniana, e quella del P.R.I. dopo esservi confluito da Nuova Repubblica (Pacciardi). In tutto questo tempo, tra gli impegni di lavoro e la famiglia, oltre alla frequentazione di vere amicizie, è maturata in me la consapevolezza della predicazione mazziniana. Il Partito Repubblicano Italiano è e resta il frutto nobile di questa unica ed irripetibile lezione di civiltà democratica, che non può e non deve essere stravolta. Sono d’accordo nella affermazione che le problematiche di oggi devono essere affrontate con moderna tecnologia, ma non devono e non possono essere “reinterpretate” dai seguaci di coloro che ferocemente le avversarono. Se la sinistra italiana ed europea di oggi, dopo essersi accorte della inadeguatezza dei temi socialisti, vuoi essi laici o religiosi che siano, non ha alcun diritto di appropriarsi e distorcere le tematiche proprie del mazzinianesimo. Ugo La Malfa, ex partito d’azione, rinnegò la prima parte dell’assioma, relegando il “pensiero” in soffitta; quindi per me fu come un innesto ( propiziato persino da Pacciardi) che però dava frutti diversi da quelli naturali; certo non velenosi, ma, comunque diversi. “Capitale e lavoro nelle stesse mani”, repubblica altamente rappresentativa di ogni classe sociale, etica amministrativa e comportamentale, “Dio e Patria”, e tanti altri sono i principi che non ho trovato. Se volete, sono disponibile, ad un leale confronto, purchè la vostra iniziativa non confluisca in uno dei tanti rivoli che alòimentano il Partito democratico, ex PDS, ex Margherita, ex, ex, ex, ma affatto repubblicano mazziniano.

    • Egr. Dr. Traquandi, la ringraziamo per il contributo ed esprimiamo il più grande rispetto per la Sua storia personale e politica. E proprio per il riguardo che Le dobbiamo ci sentiamo di dover chiarire alcuni aspetti del nostro “sentire” politico. Gli autori ed i contributori di questo sito uscirono dal PRI nel 1990, in epoca pre-tangentopoli, convinti ormai che questo partito non esprimesse più i valori della tradizione repubblicana. Gli avvenimenti successivi confermarono in noi la bontà della scelta. In particolare abbiamo giudicato che una forza laica di sinistra, come lo stesso Ugo La Malfa definiva il PRI, non potesse allearsi con una delle destre più reazionarie d’Europa, i cui connotati assumevano aspetti francamente eversivi. Il partito dell’Unità d’Italia non poteva allearsi con una Lega che non faceva mistero di perseguire l’obiettivo secessionista (i giorni pari) o quello di un federalismo disgregatore (i giorni dispari). Il partito del libero mercato non poteva allearsi con il principale monopolista del Paese che gestiva e gestisce da una posizione dominante un settore, quello dell’informazione televisiva, che è vitale per l’agibilità democratica del Paese. La scelta delle alleanze è state esiziale per il PRI collocandolo irreversibilmente al di fuori del perimetro della sinistra democratica. Detto questo, il sito non è costruito in funzione di questa o quella forza politica per il semplice fatto che non è il livello politico che interessa. Lo scopo del sito è, invece, quello di offrire uno spazio di confronto tra la cultura democratica e le altre correnti di pensiero della civiltà occidentale: la tradizione liberale, quella socialista, quella cristiana. E’ con questo intento che proponiamo gli argomenti ed invitiamo a discutere.

    • Si ringrazia il prof. Morigi per i contributi suggeriti che contengono diversi e interessanti riflessioni e che rappresentano anche l’occasione per precisare il nostro pensiero sul repubblicanesimo.
      Il successo riscosso nella cultura anglosassone dagli storici contemporanei del repubblicanesimo (a partire da Pocock, Skinner e Pettit) si è sviluppato in almeno tre dimensioni. Il repubblicanesimo, da filone storiografico che identifica una tradizione ideale, è stato utilizzato anche come criterio alternativo di lettura della storia moderna e, nella sua accezione più ampia, come base ideologica di una nuova prospettiva politica. E questo perché il repubblicanesimo attraverso l’uso di categorie filosofiche adeguate (un’idea di libertà non univoca ma in qualche modo unitaria) riesce a fornire una lettura di aspetti decisivi della modernità (la storia come progressiva affermazione della libertà) offrendo così lo strumento per approcci futuri (quale libertà garantire ai cittadini, quali meccanismi di controllo adottare nei confronti del potere). Proprio a quest’ultimo aspetto sembra riferirsi il prof. Morigi nei testi suggeriti. Sul criterio di lettura della storia e sulla prospettiva politica del repubblicanesimo non mancano interpretazioni tendenzialmente finalistiche che non possono non suscitare forti perplessità per il loro carattere intrinsecamente assolutista.
      Infatti, il successo ottenuto dal repubblicanesimo in America ha fatto sì che esso tenda a trasformarsi in un contenitore così largo da includere molte concezioni diverse e persino contrastanti. In questo filone storiografico, e soprattutto nei suoi sviluppi politici, hanno tentato di inserirsi interpretazioni molto diverse, sia postmarxiste che francamente di destra. Noi riteniamo che il repubblicanesimo appartenga ad una cultura di sinistra non marxista così come la definiva Bobbio. Due essenzialmente i criteri di inclusione da utilizzare per una identificazione più selettiva delle teorie repubblicane. Innanzitutto l’idea di libertà alla quale si fa riferimento. In secondo luogo la positività del conflitto come strumento essenziale di assestamento degli equilibri politici su livelli sempre più rappresentativi della complessità sociale. Non si tratta di criteri astratti. Ad esempio, proprio per discutere un aspetto trattato dal prof. Morigi, il primo conflitto mondiale fu interpretato dai mazziniani come ultimo atto del Risorgimento ovvero di quel processo di costruzione di una comunità al cui interno solamente può realizzarsi l’uomo. L’unità della patria come costruzione di una comunità, non come spazio vitale. A questo aspetto positivo della libertà (l’unità della patria) il mazzianianesimo faceva seguire altri elementi che possono essere interpretati in termini di accezione negativa (l’indipendenza della nazione e l’emancipazione sociale). Insomma, nel repubblicanesimo, gli elementi positivi e quelli negativi della libertà non vanno intesi in parallelo ma secondo la successione mazziniana (unità della patria, indipendenza della nazione, riscatto sociale). Questo il nostro convincimento.
      Nei testi proposti dal prof. Morigi viene molto valorizzata la radice tedesca del repubblicanesimo ed inoltre si pone la questione dell’irresponsabilità dei poteri economico-finanziari. Su questo argomento, riconducibile alla concezione dell’accountability anglosassone, è stata proposta una prima riflessione all’indirizzo
      http://www.democraziapura.altervista.org/?page_id=2631

  2. 22 luglio 2014

    Ringrazio “Democrazia Pura” per l’attenzione prestata al Repubblicanesimo geopolitico e questa cortesia mi farebbe quasi dissuadere dal ribattere ad alcune osservazioni avanzate. Tuttavia non per polemica ma a puro titolo di cortesia e per la crescita di una rinnovata cultura della Res Publica è mio convincimento quanto segue: 1) È vero nel repubblicanesimo geopolitico “non mancano interpretazioni tendenzialmente finalistiche” anzi, per essere ancora più chiari, il repubblicanesimo geopolitico è totalmente finalistico, come del resto erano finalisti Aristotele, Platone, Machiavelli per finire con Mazzini. Senza voler a questo punto ripercorrere la storia della filosofia e della filosofia politica, l’abbandono delle spiegazioni finalistiche è uno dei grandi vulnus della nostra disgraziata modernità. Un disastro politico-culturale che limitandoci alle scienze politiche, solo recentemente, dopo l’eclisse dell’idealismo, si cerca di rimediare dal punto di vista teorico (vedi il costruttivismo di Alexander Wendt e vedi anche, sul terreno dello scontro politico internazionale, il concreto muoversi nell’arena internazionale dei grandi agenti strategici, i quali peraltro hanno da sempre una visione finalistica e strategica della lotta politica). Insomma, se vogliamo essere provocatori fino in fondo, sarebbe meglio per tutti che, se pur con i dovuti onori, i vari Kant e Popper non fossero visti come le ultime tavole della legge ma fossero inquadrati, pur nella grandezza architettonica del loro pensiero, nella prospettiva della crisi e del fallimento del pensiero liberale. L’inferno è lastricato di buone intenzioni e limitandoci ad una prospettiva meramente filosofica, ma con immediate ed evidenti ricadute anche sulla sfera politica, la stazione finale di questa linea di pensiero di tipo meccanicista è “il n’y a pas de hors-texte” postsmodernista di Derrida. 2) Secondo Bobbio il repubblicanesimo apparterrebbe ad una cultura di sinistra non marxista. Ancora una volta, non intendo scendere nel dettaglio e quindi non voglio ora discutere dal punto di vista storico questa affermazione ma, dal punto di vista di un rinnovamento teoretico ed assiologico del repubblicanesimo, invito caldamente a dimenticare tutti i luoghi comuni del Secolo breve. Fino a non molto tempo fa, in ambiente repubblicano si diceva che la caduta del Muro di Berlino significava una sola cosa: Mazzini aveva vinto e Marx aveva perso. In realtà oggi vediamo che hanno perso tutti e due, a meno che non si giudichi l’ “irresponsabilità” degli agenti strategici economico-finanziari (in realtà il loro pieno e totale potere e prevaricazione sui popoli e sulle istituzioni rappresentative da essi eletti) come una sorta di singolare bizzarria della storia e non come il vero “cuore di tenebra” della nostra epoca.
    In amicizia e per il contributo al dibattito

    Massimo Morigi

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